Difendere la memoria organica dall’eccessiva dipendenza dalla memoria digitale, per comprendere l'importanza dell'E-learning. Besant. Ravenna

E-learning: tra incertezza e presa di coscienza

Difendere la memoria organica dall’eccessiva dipendenza dalla memoria digitale, questa è la consapevolezza necessaria per l’apprendimento che passa attraverso il digitale. Questo è il punto focale per comprendere l’importanza dell’E-learning.

La Rete è un contenitore pregno di informazioni a cui si può accedere liberamente. Basta collegarsi su Google e tutto ciò che vogliamo conoscere è a nostra completa disposizione. Anzi, si può dire che l’ambiente informativo è più denso fuori dalle istituzioni educative che
dentro. Non è un caso, forse, che sono sempre più in aumento i giovani che faticano a memorizzare e a concentrarsi.

L’eccesso dei contenuti conduce purtroppo ad un indebolimento dell’apprendimento

Henry Jenkins – studioso dei media – , sostiene infatti che lo sviluppo del pensiero visivo e la tendenza ad elaborare attraverso le immagini, è una conseguenza dell’Information Overload, ovvero del sovraccarico informativo. Che sì, ha i suoi vantaggi, perché prima
dell’avvento della stampa (inventata da Johannes Gutenberg), il sapere era principalmente trasmesso dai saggi e dagli anziani. Però, d’altro canto, secondo Henry Jenkins, l’immediata disponibilità delle informazioni genera disturbi dell’apprendimento.

In quest’epoca iper-moderna e digitale, siamo tutti multitasking

Quante cose facciamo contemporaneamente? E per giunta, sempre di fretta, così come impone il vivere metropolitano. Sempre alle prese con tante attività, sempre con uno smartphone o un IPad a portata di mano. Ed è proprio questo il punto. Abbiamo a portata di click la nostra memoria e questo beneficio porta con sé il rischio di dimenticare i nostri “oggetti mentali”.

La memoria digitale dovrebbe essere un accessorio della memoria organica, ma non un suo sostituto

In questo scenario, quanto sono utili le piattaforme di E-Learning?

E-learning è un termine coniato negli anni Novanta dall’americano Elliott Masie, che lo ha descritto come “il modo in cui la tecnologia di rete progetta, distribuisce, seleziona, amministra ed espande la formazione”. In breve, rappresenta le attività di apprendimento
online. Diverse sono le piattaforme che si occupano di veicolare la formazione digitale. Questa pratica è stata indubbiamente una rivoluzione soprattutto in termini di delocalizzazione e democratizzazione della conoscenza.

Grazie alla Rete si può apprendere come, quando e dove si vuole. Il ventaglio dei percorsi formativi offerti dai servizi di E-learning sono tantissimi e includono qualsivoglia disciplina e settore professionale. Oggi, questi servizi sono conosciuti come MOOC, acronimo di
Massive Online Open Courses, cioè corsi online aperti su larga scala. Tra le piattaforme più diffuse ci sono: Eduopen, Federica.eu, Coursera, Udemy.

I MOOC nascono con l’obiettivo di favorire la didattica a distanza. Almeno questo era lo scopo degli studenti della Stanford University. Oggi, invece, sono diffusi non solo per la DAD, ma anche all’interno delle aziende. Anzi, sono gli stessi lavoratori a rivendicare
l’importanza della formazione, cercando dalle imprese per cui lavorano la cultura dell’apprendimento che dura tutta la vita.

Nel 2018, una ricerca del Politecnico di Milano registra l’importanza dell’E-learning per oltre il 75% delle aziende intervistate. Figuriamoci adesso, che reduci da più di due anni di pandemia

abbiamo dovuto maggiormente sviscerare le potenzialità della tecnologia per non restare fermi, malgrado il mondo fuori fosse immobile. Dunque, nessuno nega i vantaggi di apprendere online, ma non si possono nemmeno negare i rischi che stiamo correndo in termini di concentrazione della memoria, di pensiero critico/laterale e di padronanza delle capacità verbali e scritte.

A questo proposito, Sonia Livingstone – professoressa di Psicologia sociale – sostiene che occorre focalizzare l’attenzione su due dimensioni: la prima è quella dell’universo di risorse e dei contenuti messi a disposizione dalla tecnologia; la seconda riguarda la capacità critica come condizione essenziale per fruire degli oggetti digitali.
I giovani devono essere rigorosamente educati al pensiero critico, altrimenti si finisce per rimpinguare il loro cervello di nozioni che poi non consentono l’applicazione dell’intelligenza nella vita quotidiana. Essere intelligenti vuol dire saper filtrare le informazioni, vuol dire
adeguarsi al cambiare delle situazioni e soprattutto significa saper scegliere con responsabilità cos’è meglio per noi.

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